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Hanno aiutato il boss Messina Denaro, chiesta la condanna per due professionisti e un incensurato – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Avrebbero aiutato il boss Matteo Messina Denaro durante la sua quasi trentennale latitanza e per questo la Procura ha chiesto la condanna di due professionisti, l’architetto Massimo Gentile e il radiologo Cosimo Leone, ma anche di un giovane incensurato, Leonardo Gulotta, tutti arrestati il 27 marzo dell’anno scorso.

Nello specifico, il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo, Bruno Brucoli e Pierangelo Padova che hanno coordinato l’inchiesta hanno invocato 12 anni per associazione mafiosa sia per Gentile che per Leone, e 6 anni e 8 mesi per concorso esterno per Gulotta al gup Marco Gaeta che li sta processando con il rito abbreviato. Tra qualche giorno la parola passerà agli avvocati che li assistono e dovrebbe arrivare anche la sentenza.

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Secondo la ricostruzione dell’accusa, Gentile avrebbe prestato la sua identità al mafioso latitante consentendogli di acquistare una macchina e una moto, mentre Leone si sarebbe occupato del boss ormai malato durante un ricovero all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, dove all’inizio di novembre del 2020, era stato sottoposto a un primo intervento dopo la diagnosi di tumore. Gulotta, invece, avrebbe messo a disposizione di Messina Denaro il suo numero di cellulare.

“Sono stata l’amante di Messina Denaro per tre anni, ecco come trascorreva la latitanza”

Il boss nel 2014 avrebbe utilizzato la carta d’identità falsa con la sua foto ma con le generalità di Gentile – che dal 2019 era un insospettabile dipendente comunale in Lombardia – per acquistare una Fiat 500 in una concessionaria palermitana. L’11 novembre di ormai 11 anni fa Messina Denaro avrebbe versato mille euro in contanti e un assegno circolare da 9 mila euro (appena ottenuto in una filiale dell’Unicredit di corso Calatafimi, dove aveva dichiarato che la somma fosse il provento di “attività di vendita al dettaglio di capi di abbigliamento”) e il giorno successivo avrebbe ritirato l’auto. Ma, per i pm, molto tempo prima, nel 2008, il mafioso sarebbe riuscito ad acquistare anche una moto sempre utilizzando l’identità dell’architetto.

In banca in corso Calatafimi e poi l’acquisto dell’auto: così Messina Denaro si muoveva a Palermo

Sono accuse che gli avvocati di Gentile, Antonio Ingroia e Mario Di Trapani, respingono totalmente: “Dimostreremo l’innocenza del nostro assistito sulla base di perizie e documenti inoppugnabili – avevano dichiarato – che provano che Gentile è stato vittima di un furto di identità”.

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Il cambio turno, la Tac e il telefonino, ecco come il radiologo ha assistito Messina Denaro

Gulotta, che è l’unico degli imputati ad essere tornato libero, secondo la Procura, sarebbe entrato in gioco proprio in concomitanza con l’acquisto della 500: l’8 gennaio 2015, Messina Denaro sarebbe infatti tornato nella concessionaria di Palermo per ritirare i documenti di circolazione e la doppia chiave, fornendo un numero di cellulare che risulterebbe intestato proprio al giovane. Ma, come ha raccontato Dossier, l’avvocato Mariella Gulotta, che difende l’imputato, ha contestato questo dato sostenendo tra l’altro che quel numero sarebbe identico, tranne che per la penultima cifra, a quello di una donna con la quale Messina Denaro avrebbe avuto rapporti per molto tempo. La tesi della difesa è che il boss possa aver indicato volutamente un numero sbagliato per non consentire di risalire alla donna oppure possa aver semplicemente aver sbagliato: Gulotta, secondo questa prospettiva, non c’entrerebbe nulla ma sarebbe stato solo molto sfortunato.

“In cella per un numero sbagliato”, l’incubo di un giovane accusato di aver aiutato Messina Denaro

Per quanto riguarda Leone, per l’accusa, non solo avrebbe cambiato turno per poter essere presente quando Messina Denaro si era sottoposto ad una Tac nell’ospedale di Mazara, ma gli avrebbe fatto anche avere una scheda telefonica durante il ricovero, inviatagli dal geometra Andrea Bonafede, altro alter ego del latitante, già condannato.

 



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