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Milleri e Caltagirone, il tandem del riassetto tra Mps, Mediobanca e Generali


L’imprenditore romano e il presidente di Delfin giocano un ruolo chiave nella partita
che potrà cambiare il volto del sistema, dove l’arbitro è il mercato. Dietro l’offerta
di Mediobanca su Banca Generali c’è il destino di Siena. Mentre la compagnia potrebbe aprire a nuovi investitori. Verso un tavolo di lavoro Trieste-Milano. L’outsider Unicredit

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La data da segnare sul calendario è quella di dopodomani, mercoledì 7 maggio, quando il cda di Generali si riunirà per completare il quadro della nuova governance dopo l’assemblea del 24 aprile che ha visto il mercato votare a larga maggioranza la lista presentata da Mediobanca con Philippe Donnet e Andrea Sironi, con un nuovo mandato triennale. Sarà un passaggio chiave perché da quel giorno il cda di Generali istituirà i sei comitati consiliari e sarà pienamente funzionante. E quindi potrà esaminare l’Ops annunciata la scorsa settimana da Mediobanca su Banca Generali di cui il Leone ha il 50,2%.

Nascerà un gruppo con oltre 210 miliardi di masse

L’unione di Piazzetta Cuccia e Banca Generali darà vita a un gruppo con oltre 210 miliardi di masse totali, secondo in Italia solo a Fideuram del gruppo Intesa Sanpaolo. La nuova entità avrà ricavi per 4,4 miliardi e un utile di 1,5 miliardi, per oltre il 50% proveniente, appunto, dal wealth management. Tra i vari comitati, nella partita avrà un ruolo determinante quello «Parti correlate» che avvierà il processo di esame dell’offerta, rendendolo trasparente e tracciabile, visto che Mediobanca è azionista con il 13,1% di Trieste e Banca Generali è un asset controllato.




















































L’apertura a Mediobanca più Banca Generali

Quanto sia rilevante l’opinione del board della compagnia lo ha ben sottolineato Francesco Milleri, presidente e ceo di Essilux ma anche al vertice della cassaforte Delfin, il 30 aprile all’assemblea della multinazionale. «Daremo un giudizio dopo aver conosciuto la posizione del board Generali -—ha proseguito Milleri —. Dobbiamo capire bene la notizia, per adesso abbiamo solo un pezzo dell’informazione, ci mancano i dettagli. Quando li avremo voteremo e il nostro voto sarà sempre a sostegno delle aziende, del management e del piano industriale che porta valore per le imprese e i suoi azionisti». Delfin è al contempo azionista di Mediobanca (19,9%) e di Generali (a ridosso del 10%).
L’attesa

La fase di attesa per tutte le parti in campo

Si apre una fase di attesa per tutte le parti in campo. Che vogliono essere coinvolte prima di potersi esprimere all’assemblea ordinaria convocata il 16 giugno dalla banca guidata da Alberto Nagel, che dovrà dire la sua sull’operazione lanciata su Banca Generali. In prima fila i soci rilevanti Delfin e il gruppo Caltagirone (7% di Generali e 8% di Mediobanca). Investitori di peso anche nel Monte dei Paschi di Siena con rispettivamente il 9,8% e il 9,9%, la banca toscana che a sua vota ha lanciato un’Ops su Mediobanca. Entrambi, protagonisti delle partite incrociate dove fin qui, dai primi match giocati, si è sempre imposto il mercato. Comunque si concludano le operazioni, i due azionisti avranno creato valore attorno alle loro partecipazioni nelle tre realtà finanziarie coinvolte.

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Se l’Ops del Monte su Mediobanca andasse a buon fine e poi la stessa Mediobanca riuscisse a prendere Banca Generali, i due soci avranno portato a buon fine il progetto di cambiare il profilo della finanza italiana creando dei campioni, un tema già molto caro a Leonardo Del Vecchio. Avranno creato valore anche nell’ipotesi in cui Mps non porti al traguardo la sua Ops e si torni al vecchio sogno di sposare l’istituto senese con Banco Bpm. Per ora sono soltanto scenari.

Il confronto tra Nagel, Milleri e Caltagirone

Nei prossimi giorni Nagel, il ceo di Mediobanca, tornerà a parlare con il mercato per illustrare il nuovo progetto. «Con questa operazione faremo un salto dimensionale in avanti di otto anni», ha detto presentandolo. Nel capitale di Mediobanca ci sono fondi e asset manager che conosce bene e che cercano solidi piani di crescita per le società che partecipano. Dovrà poi confrontarsi anche con Delfin e Caltagirone, in una partita complessiva che richiede dialogo perché è in parte ancora da costruire.

Milleri: «Ci potremmo anche esprimere a favore ma con più dettagli»

«L’Ops su Banca Generali è di più semplice comprensione — ha detto Milleri —. Se ci spiegheranno che è positiva per Mediobanca e per Generali,ci potremmo anche esprimere a favore, ma mancano i dettagli. Noi abbiamo sempre sostenuto i progetti validi dei manager. Vorremmo però che non ci fossero né vincitori né vinti». Poi ha aggiunto: «Il ceo Alberto Nagel sta cambiando la forma della banca. Forse è stato un po’ spinto, ma questo compito spetta agli azionisti finanziari che vogliono migliorare la performance».
Vantaggi e dubbi

Il punto di caduta di Delfin resta il Monte dei Paschi, la banca nella quale sia Delfin sia Caltagirone hanno investito poco sotto un miliardo a testa. «L’Ops di Mediobanca non è un ostacolo a quella di Mps, anzi ne rafforza il piano industriale», fanno filtrare i due azionisti.

Dubbi sul fronte del futuro del Leone

La rete di consulenti di Banca Generali, infatti, potrebbe beneficiare del bacino di clientela retail del Monte. Entrambi apprezzano comunque che l’Ops può liberare Generali dall’abbraccio storico di Mediobanca. Emergono invece dubbi sul fronte del futuro del Leone che nell’operazione di Piazzetta Cuccia si priverebbe della maggioranza di Banca Generali rinunciando al 4-5% dell’utile di gruppo.

Alla compagnia triestina Nagel offre il 6,5% del suo capitale

Anche per questo è importante, come del resto auspicato da Nagel, aprire un tavolo con Generali, Banca Generali e Mediobanca per gestire il percorso nuovo. Alla compagnia triestina Nagel offre il 6,5% del suo capitale che potrà servire come «carta» per acquisizioni, per aumentare la remunerazione per i soci attuali oppure per attrarne di nuovi, magari invitando due o tre nuovi investitori nel capitale del Leone per una quota che complessivamente vale tre miliardi a prezzi di mercato. Qui potrebbero entrare in gioco anche Unicredit (ha già il 6,7% del Leone) oppure Intesa Sanpaolo.

L’accordo di distribuzione

L’Ops propone anche un accordo di distribuzione dei suoi prodotti assicurativi e, potenzialmente, di investimento lungo la rete del nuovo gruppo nato dalla fusione con Banca Generali. Per il Leone questo investimento ha sempre dato ottimi risultati, ma non è mai stato veramente strategico.

Mediobanca è concentrata sulla sua Ops

Quanto a Mediobanca, ora l’istituto è concentrato sulla sua Ops. L’operazione trasforma la partecipazione finanziaria in Generali in un accordo industriale che potrebbe apparire anche distensivo verso il governo — che ha sempre sostenuto la creazione di un polo tutto italiano del risparmio — così come verso i principali azionisti, perché Mediobanca lascia Trieste e disegna un suo percorso. Una realtà, promette Mediobanca, con multipli di utile che la porterebbero ai livelli di grandi operatori europei del wealth management. Cosa che avverrebbe meno con una banca commerciale come Mps. Secondo Piazzetta Cuccia, si creerebbero dissinergie con l’uscita di consulenti e banker.

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